Nel periodo interessato dal COVID il rapporto tra la scienza e la politica si è rivelato essere la combinazione protagonista. L’una non ha potuto fare a meno dell’altra. Al di là della linea politica, la scienza ha acquisito valore a partire dalla ricerca sperimentale. Ha interessato anche le professioni, le strutture ospedaliere, le farmacie e le aziende. Finalmente abbiamo sentito parlare anche di virus e batteri: tutti argomenti e temi piuttosto cari agli scienziati di ogni settore.
Passata la pandemia, il valore della scienza rimarrà vivo anche agli occhi della politica? Certo è che, almeno fino ad adesso, i governi hanno avuto la tendenza a lasciare gli scienziati da parte. Li hanno usati solo quando necessario, riducendo così la scienza ad una funzione di mero servizio tecnico nel fornire supporto, consulenze e beni economici.
Qual è il ruolo della società?
In tutto questo marasma di cambiamenti la società si è trovata come immersa in un buco nero. Qui però non c’è da stupirsi. Era solo il 2020 quando sono iniziati a girare nel web i tutorial su come lavarsi le mani! Ripensandoci oggi, pur essendo stati scoperti i batteri tantissimo tempo fa, nessuno conosceva un solo meccanismo di un vaccino.
Oltre a questo, reperire informazioni online è sempre più facile. Trovare però informazioni scientificamente corrette e rigorose sembra molto complicato o quasi impossibile. Basta porre in giro alcune semplici domande per averne la prova. Il virus SARS-CoV-2 si trasmette nell’aria, attraverso le goccioline di saliva o dal contatto di oggetti e superfici? Oppure, una domanda più semplice: per quanto tempo sopravvive questo virus a contatto con una superficie? La disinformazione è tanta, soprattutto se pensiamo al periodo più critico della pandemia.
Di fronte a questa situazione è evidente come manchi qualcosa a moltissimi governi: la scienza, gli scienziati e la condivisione del metodo scientifico. Basta confrontarsi con gli altri paesi dell’Unione europea per scorgerne una sostanziale differenza: l’Italia è tristemente agli ultimi posti per scolarizzazione dei suoi rappresentanti politici, specialmente tra deputati e senatori.
Sarebbe forse il caso di testare l’uso del metodo scientifico all’interno di un governo, senza limitarsi a parlare di scienza solo in situazioni di emergenza come mero servizio tecnico di supporto?